Il termine di "opinione pubblica" comincia ad essere usato in
varie lingue europee nella seconda metà del XVIII sec. Si assiste
alla nascita di uno spazio “pubblico” intermedio a quello della sfera
“privata” e della sfera “governativa”. Vi è un crescente interesse per
la vita pubblica, vi è la sensazione che un mutamento sia imminente e
che esso non debba essere lasciato alle decisioni dei governi ma sia un
problema che riguarda tutti. Non solo aumentano coloro che leggono e
discutono, ma letture e discussioni si aggirano sempre più su temi
politici. Ed è proprio quando l’operato del governo diventa di pubblico
dominio che l’opinione pubblica si manifesta e acquista importanza.
Essa nasce quindi come strumento di controllo del potere. La
popolazione ha l’esigenza di conoscere le decisioni del governo, ha la
capacità di elaborare suggerimenti e dibattiti che possano orientare le
scelte di potere. In questo contesto la stampa diventa uno strumento
fondamentale per rendere pubblico il lavoro svolto dal governo e per
formare un’opinione condivisa. Non solo i libri però ma anche i
giornali che possono essere letti più facilmente e da più persone.
Un solo dato può darne l’idea: in Francia prima dello scoppio
della la Rivoluzione Francese esistevano 14 giornali politici, mentre
in tre soli anni (dal luglio 1789 all’agosto 1792) ne nascono 1400.
Nell'Europa illuminista del Settecento, club di lettura e
gruppi di discussione sorgevano un po’ dovunque. Questi gruppi che si
abbonavano collettivamente a giornali, riviste e libri, si
interessavano generalmente a tutti gli argomenti scientifici, letterari
e filosofici. Nasce, dunque, la moda dei Caffè culturali cittadini e
dei raffinati salotti letterari nelle case private dei nobili e delle
grandi dame del tempo, dove trovavano spazio la discussione, la
controversia e anche il pettegolezzo. La divulgazione del "nuovo
sapere" contribuisce a rendere la cultura uno strumento di progresso
per la società.