Nel 1462 la città di Magonza è sconvolta dalla guerra e viene
messa in ginocchio da Adolfo II di Nassau (Sacco di Magonza). I
tipografi, così come lo stesso Gutenberg, sono costretti a fuggire e a
continuare la loro attività laddove trovano rifugio.
Questa diaspora dei tipografi, dovuta anche alla recessione economica
della città, permette la diffusione della stampa in Europa, ed infatti
tra il 1460 e il 1470 aprono stamperie in tutta la Germania, a Parigi,
ma soprattutto in Italia, a Venezia, Foligno, Subiaco e Roma. Per
esempio, a Venezia lavora Aldo Manuzio (1450-1515) che stampa nel 1499
la “Hypnerotomachia Poliphili” (L’amoroso combattimento onirico
dell'amatore di Polia), romanzo allegorico attribuito a diversi autori,
considerato il più bel libro stampato del tempo. Gutenberg ritornerà a
Magonza nel 1465, invitato dallo stesso Adolfo II che lo nomina
tipografo, suo uomo di corte, riconoscendogli benefici ed esentandolo
dalle imposte.
Prima dell’invenzione di Gutenberg, esistevano in Europa non più di
30.000 libri, ma già nel 1500 si contavano 60 stampatori nelle città
tedesche e alla metà del Cinquecento erano disponibili più di 9 milioni
di volumi, prodotti da più di 1700 tipografie in tutt’Europa.
Una diffusione così rapida e vasta per una nuova tecnologia non
era mai avvenuta e si ripeterà solo nel 1800 con la Rivoluzione
Industriale. Già nel Quattrocento, nonostante il disprezzo iniziale di
molti uomini di cultura, in alcuni documenti si manifesta chiaramente
la consapevolezza dell’enorme quantità di libri disponibili ad un
prezzo valutato un quinto di quello del corrispondente manoscritto. Ci
si rende conto che la quantità degli stampati è l’unica ed eccezionale
soluzione contro la perdita e la scomparsa dei testi. Inoltre la
“standardizzazione” del libro favorisce lo scambio culturale a
distanza, mentre la “riedizione” permette di perseguire la correttezza
del testo.