"Todeschi de Bolzan"?
Fu il mio ingresso in Regione, nel marzo del 1966 – racconta il giornalista trentino Paolo Magagnotti – che mi consentì di meglio comprendere chi fossero i „Todeschi de Bolzan“, come li chiamavano spesso nella mia val di Sole quando ero ragazzo.
Nella Regione si respirava il clima di tensione che notoriamente ha caratterizzato gli anni Sessanta della storia sudtirolese. Era diffusa ed evidente l’aspirazione dei colleghi del Sudtirolo di avere una maggiore autonomia nella loro terra. Ricordo sempre, un giorno mentre stavo rientrando nel palazzo regionale da via Gazzoletti, il collega sudtirolese Albin Stimpfl, che giungendo dalla parte opposta alzò esultante il „Dolomiten“ che portava in mano e con gioia mi disse: „Paolo, Paket in Sicht!“, mostrandomi il titolo del giornale che trattava di passi concreti verso la soluzione delle controversia sudtirolese. Le illusioni che nutrivano maggiorenti della SVP nell’art. 14 del primo Statuto di autonomia sono state deluse da un atteggiamento miope di Roma e insufficientemente sensibile ed attento di Trento. Direi che è riduttivo ridurre l’intera questione solo ed esclusivamente al pur fondamentale fatto giuridico che riguarda l’art. 14 e la relativa nota sentenza della Corte costituzionale. Non vi è dubbio che a tale proposito la Trento politica, con il contributo di Piazza Fiera, ha avuto la sua buona parte di responsabilità nel fallimento istituzionale della prima autonomia; sarebbe tuttavia ingeneroso dimenticare le pressioni che Trento ha avuto da esponenti del gruppo linguistico italiano altoatesino, preoccupati di condizionamenti e ritorsioni in un quadro autonomistico provinciale con il gruppo linguistico tedesco in maggioranza. Certo è che, come ebbe ad ammonire in tempi successivi Alcide Berloffa alla componente di lingua italiana, il vittimismo non pagava. E non paga nemmeno ora: né da una parte né dall’altra.
La Regione indebolita
Approvato il Pacchetto, varata la riforma dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige del 1972, la nostra autonomia ha visto l’avvio di un nuovo percorso lungo il quale, purtroppo, non sono state colte tutte le opportunità offerteci per crescere più uniti, sudtirolesi e trentini, in una vera dimensione europea. Vi è stata in Regione la ripresa della collaborazione della componente politica maggioritaria sudtirolese in un clima sostanzialmente sereno. La SVP, coerente con la sua visione di sempre dell’autonomia contraria alla Regione, seppur in un contesto politico di leale collaborazione, non ha mai rinunciato ha chiedere l’ulteriore delega di competenze regionali al livello provinciale e l’abolizione di un ente definito più volte „scatola vuota“. Da parte trentina, pur riconoscendo il non facile compito di riempire o anche solo conservare ciò che un partner fondamentale vuol svuotare, è mancata una decisa e convinta azione politico- istituzionale per evitare il forte indebolimento della dimensione regionale della nostra autonomia, oggi più evidente e desolante che mai. L’Accordo Degasperi-Gruber, all’origine, nel bene e nel male,dell’architettura istituzionale della nostra autonomia speciale, ha certamente costituito il nucleo del sistema. Nel valutarlo, da parte di lingua sia tedesca sia italiana, non vanno dimenticate le condizioni politiche nazionali e il contesto internazionale in cui l’intesa è maturata e ha avuto la sua prima attuazione. Basti pensare che della firma dello storico Accordo non è stata scattata nemmeno una fotografia e che il testo dattiloscritto riposta correzioni a mano.
Risentimenti sudtirolesi
E che dire degli anni immediatamente successivi. Nell’agosto del 1952, il presidente del Consiglio italiano Degasperi e il Cancelliere austriaco Figl, per vedersi e parlare, fra l’altro, del Sudtirolo, hanno organizzato un incontro segreto in un bosco della Carinzia, grazie alla complicità di un commerciante di legname austriaco e del capo della polizia di confine di Prato alla Drava. Certo è, che se non vi fosse stato quell’Accordo, la nostra storia sarebbe stata diversa, e probabilmente non migliore. Comprendo risentimenti da parte del gruppo linguistico tedesco sudtirolese, ma non riesco a convincermi che Degasperi, divenuto pochi anni dopo i Patti di Parigi uno dei più convinti e costruttivi Padri della Nuova Europa, abbia agito intenzionalmente per tradire i sudtirolesi. Lo stesso Karl Gruber, con cui sul tema mi sono confrontato in più di un’occasione, lo esclude. Mi convince piuttosto quanto l’ex ministro austriaco scrisse di proprio pugno in una dichiarazione che raccolsi nel settembre del 1976 nella ricorrenza del trentesimo della firma dell’Accordo: „Il Presidente Alcide Degasperi ha definito sia l’Accordo che le istituzioni autonomistiche stesse come segno precursore di un’autentica concezione europea. A questa linea ho dato di tutto cuore la mia adesione“. Se la collaborazione fra trentini e sudtirolesi non ha avuto lo sviluppo che i due statisti auspicavano, non se ne può fare loro colpa. Ferma restando l’avversione che da sempre il gruppo linguistico tedesco ha avuto nei confronti del „quadro“ interpretativo dell’Accordo di Parigi, credo che se un tradimento vi รจ stato, questo va addebitato,addebitato, con la dovuta ponderazione, alla parte trentina che non ha saputo interpretare, e conseguentemente attuare in una anticipatrice visione europea, il chiaro messaggio degasperiano di collaborazione „fatto per la fraternità dei popoli“, anche se tale collaborazione doveva avvenire nell’ambito di un esperimento che avrebbe costato „qualche sacrificio anche all’orgoglio italiano“.
Insieme verso l’Europa
Se nella provincia di Trento, respingendo con maggior determinazione le tendenze di chi, specialmente sopra Salorno, diceva „siamo in Italia, si parli italiano“, ci si fosse impegnati per tempo per diffondere maggiormente la conoscenza del tedesco fino a farlo diventare in Trentino seconda lingua e non lingua straniera, sono convinto che la nostra vicenda autonomistica avrebbe avuto un’evoluzione un po’ diversa. Possiamo dire che ora il gruppo linguistico tedesco è riuscito a piegare di fatto – poco manca al completamento dell’opera – l’attuazione dell’Accordo Degasperi-Gruber secondo i suoi desideri iniziali. La Regione che è rimasta non può più danneggiare o condizionare scelte fondamentali per la popolazione sudtirolese. In un clima evidentemente diverso dai difficili anni della firma dell’Accordo e della sua prima attuazione, Trentino e Sudtirolo hanno compiuto scelte che vedono le due Province responsabili nell’accompagnare le rispettive popolazioni lungo le vie della Nuova Europa e del mondo globalizzato. Al di là degli incontri e dei lavori a livello istituzionale, è la società civile nelle sue varie espressioni che deve essere partecipe di questo viaggio. Credo che in quest’ottica, gli esponenti di tutti i gruppi linguistici possano condividere e fare proprie le aspirazioni europee dei due firmatari dell’Accordo di Parigi.
Paolo Magagnotti