Con il trattato di Parigi verso il futuro
Il Trattato di Parigi ha fatto sì che l’Alto Adige non fosse una questione meramente interna allo Stato italiano: l’Austria è divenuta potenza tutrice e l’Alto Adige una questione bilaterale. L’adesione dell’Austria all’Unione europea non lo rende però obsoleto? Sarà ora l’UE ad assumersi la funzione di garante? Né l’una, né l‚altra cosa; il Trattato è ora più importante che mai.
Il 5 settembre 1946 i ministri degli Esteri di Italia ed Austria, Alcide Degasperi e Karl Gruber, hanno firmato, a Parigi, un accordo per la tutela della popolazione di lingua tedesca in Alto Adige. Quando fu sottoscritto, l’accordo, poi divenuto celebre con il nome di Trattato di Parigi o Accordo Degasperi-Gruber, incontrò una forte opposizione sia in Alto Adige che in Austria perché fu considerato carente nel merito e poca cosa rispetto all’alternativa rappresentata dall’opzione dell’autodeterminazione. Da allora sono trascorsi 60 anni. In questo arco di tempo il Trattato sia lo Statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige, sia una lista delle norme di attuazione relative alle misure in favore delle popolazioni dell’Alto Adige. Da parte sua, il 19 giugno 1992 l’Austria, dopo aver esaminato la documentazione, ha consegnato la „quietanza liberatoria“, ponendo così fine al contenzioso, aperto nel 1960 davanti alle Nazioni Unite, sull’attuazione del Trattato di Parigi, facendo esplicito riferimento alle norme di attuazione trasmesse dall’Italia. Il Trattato di Parigi costituisce pertanto il fondamento giuridico della funzione tutrice esercitata dall’Austria. Come parte contraente dell’accordo, l’Austria può pretendere dall’Italia l’adempimento degli obblighi ivi contenuti e vigilare sul loro rispetto. Eventuali azioni austriache in tal senso risultano garantite a livello internazionale e non rappresentano un’illecita intrusione nelle questioni interne dell’Italia. Negli ultimi 60 anni l’Austria ha fatto più volte ricorso, con successo, a questa sua funzione di tutela.
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Walter Obwexer