Alcuni testimoni raccontano
Maria Garbari: Per l’autonomia regionale
Maria Garbari, già docente di Storia contemporanea alla Libera Università di Lingue e Comunicazioni di Milano – Feltre, dal 1996 si dedica alla ricerca scientifica quale presidente della Società di Studi trentini di Scienze storiche. È stata presidente del Comitato scientifico per la „Storia del Trentino“ all’Istituto Trentino di Cultura e componente del Comitato scientifico dell’Istituto storico italo-germanico, nonché del Comitato scientifico per l’edizione delle opere di Alcide Degasperi. In oltre 250 pubblicazioni ha studiato la storia delle dottrine politiche, l’irredentismo nel Trentino, in Italia e nella dimensione europea, la cultura storica e la storiografia trentina, l’antifascismo e periodo dell’Alpenvorland, l’autonomia nello sviluppo storico e nel significato politico – istituzionale, l’Accordo Degasperi – Gruber ed i suoi sviluppi.
» Scarica il filmato (7 MB)Il 5 settembre del 1946 Maria Garbari si apprestava a frequentare il ginnasio. Nonostante l’età, la ragazza che poi sarebbe diventata docente universitaria era ben consapevole del periodo storico che stava vivendo, grazie alla partecipazione della sua famiglia – il padre e la madre, Ezio Garbari e Angela Ceola, erano stati convinti irredentisti – alla vita civile dell’epoca: „I miei genitori e i loro ospiti“, racconta, „parlavano spesso di autonomia, intendendo, come era per tutti in Trentino, l’autonomia regionale. Tuttavia, molto sentita era addirittura l’autonomia dei singoli Comuni. In casa mia si discuteva anche dell’attività dell’ASAR (Associazione Studi Autonomistici Regionali), l’istanza autonomistica trentina della quale si temeva la componente separatista. Si era autonomisti, sì, ma pur sempre italiani“.
„C’era quindi attenzione e partecipazione agli eventi contemporanei“, prosegue la professoressa Garbari: „tra questi, però, l’Accordo Degasperi-Gruber rientrava in minima parte, in quanto non particolarmente sentito dai trentini. Anche nel Corriere Tridentino era minimo lo spazio ad esso dedicato: non se ne comprendeva la novità dal punto di vista dell’ancoraggio internazionale e della garanzia dei diritti ad un’intera minoranza, e non ai singoli individui che la componevano. Era visto solo come uno dei tanti eventi che contribuivano al progetto autonomistico. Fu alla Conferenza di Parigi che venne definito come ’un raggio luminoso‘, un modo nuovo di risolvere un contenzioso tra due stati in forma amichevole“.
„Nonostante il forte irredentismo“, ricorda Maria Garbari, „i miei genitori, dopo l’esperienza fascista, avevano aderito con entusiasmo alla prospettiva autonomista e si erano aperti verso quanto di valido esisteva nella monarchia asburgica. Pur temendo quello che veniva considerato un ’irredentismo alla rovescia‘, si riconosceva il rispetto per la minoranza etnica tedesca, con la sua cultura e i suoi diritti. Non vi era ombra di astio o discriminazioni, e credo che questo atteggiamento fosse diffuso: nei progetti di autonomia di tutte le forze politiche rientra la tutela del gruppo tedesco“.