Giornata dell’Autonomia 2014

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Uova numerate dal primo gennaio 2004

Un regolamento UE prevede che su tutte le uova provenienti da allevamenti con più di 350 galline ovaiole sia stampato un codice di riconoscimento. La norma entrerà in vigore con l’inizio dell’anno prossimo, e permetterà di risalire all’azienda produttrice delle uova, secondo il principio della rintracciabilità, ed ai metodi di produzione.

Un codice di rintracciabilità per le uova: anche in Alto Adige, dal prossimo primo gennaio, tutte le uova provenienti da allevamenti con più di 350 ovaiole dovranno riportare sul guscio un numero identificativo. “Lo prevede un regolamento europeo”, spiega l’assessore provinciale all’Agricoltura Hans Berger, elaborato con lo scopo di permettere l’identificazione dell’azienda produttrice e quindi dei metodi di produzione delle uova”. Leggendo ed interpretando il codice, gli stessi consumatori potranno sapere da dove proviene ciò che metteranno nel proprio piatto.

Sarà il Servizio veterinario dell’Azienda sanitaria di Bolzano a distribuire ai produttori altoatesini il relativo codice, composto di lettere e numeri che identificano determinate metodologie di allevamento e luogo di produzione. Per quanto riguarda il primo criterio, il numero 0 identifica la produzione biologica, l’1 l’allevamento all’aperto, il 2 l’allevamento a terra, il 3 l’allevamento in batteria. Alcune lettere indicano poi lo Stato membro dell’Unione dove è avvenuta la produzione, (“IT” sta per Italia), e di seguito altri tre numeri riportano il codice Istat del comune di provenienza (per esempio, 019 per Castelrotto). Di seguito, ancora lettere per indicare la regione (“BZ” per Alto Adige), e ancora tre numeri che identificano l’azienda di allevamento di galline ovaiole.

Ecco un esempio: il codice “1 IT 019 BZ 001” identifica le uova provenienti da un’azienda di Castelrotto che alleva le galline all’aperto. Tuttavia, non è necessario che i consumatori imparino a memoria questi criteri identificativi, poiché essi vengono riassunti sulla confezione esterna delle uova, nella parte riservata alle informazioni ai consumatori.

L’innovazione più rilevante per gli acquirenti”, sottolinea l’assessore Berger, “è rappresentata dalla possibilità di conoscere a prima vista il metodo di allevamento, nonché la strada che ha portato il prodotto dall’azienda al negozio”. Fino ad oggi, infatti, non c’era obbligo di dichiarazione alcuna da parte del produttore, ma era prevista solo la possibilità di farlo, non vincolante. Naturalmente, nessuno aveva interesse ad identificare il proprio prodotto come proveniente da un allevamento in batteria, ed in questo caso la confezione rimaneva “anonima”. “Chi finora ha scelto questo tipo di prodotto non identificato”, conclude Berger, “ha quindi acquistato senza saperlo, nella maggior parte dei casi, prodotti di batteria. Tuttavia, è necessario sottolineare che questa tipologia di allevamento è vietata in Alto Adige dalla legge sulla protezione degli animali”.

MC


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