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Volto
di Cristo
olio su tavola
18x24 cm
Fondazione Il Correggio
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Il
Correggio rappresentò il tema del volto
di Cristo più volte, a cominciare dalle
due opere giovanili Cristo giovane, in
collezione privata, e Cristo giovane della
National Gallery of Art di Washington. Nel terzo
decennio del secolo eseguì l'Ecce Homo
della National Gallery di Londra. Posteriore al
1530 è la Testa di Cristo del Paul
Getty Museum di Los Angeles, che può essere
stato eseguito per Veronica Gambara. E' questa
una trattazione di Cristo più fredda e
meno commovente dell'Ecce Homo e molto
vicina al Volto di Cristo della Fondazione
Il Correggio, che infatti viene considerata una
variante. L'opera è pervenuta in cattive
condizioni di conservazione per cui ,dopo il restauro,
David Ekserdjian, nel suo ponderoso studio sul
Correggio, la ritiene un'opera di problematico
interesse. |
Il primo a rintracciare l'opera, conservata in una
raccolta privata inglese, fu Cecil Gould. Il Gould
riteneva probabile l'autografia del dipinto. Il quadro,
secondo il Riccòmini, per il quale "la
tavoletta richiama subito alle labbra il nome del
Correggio", denuncia "una recente adesione
alla nuova classicità romana del Raffaello
delle prime Stanze vaticane. E tuttavia il modello
raffaellesco appare, qui, come destituito dalla sua
certezza disegnativa, dalla sua impassibile perfezione.
Il Correggio, infatti, non rinuncia a mantenere, entro
il nuovo canone proporzionale, un vago sentore tra
il patetico e il colloquiale, traccia della mai cessata
ammirazione per Leonardo". Per queste caratteristiche
stilistiche la datazione dovrebbe essere contemporanea
a dipinti come Noli me tangere del Prado, collocato
tra il 1520 e il 1524, siamo al tempo degli affreschi
in San Giovanni.
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ANTONIO
ALLEGRI detto il CORREGGIO
Studio
per il parapetto della cupola per la cattedrale di
Parma
Sanguigna con quadrettatura a sanguigna, penna e inchiostro
16,1x 25 cm.
Fondazione Il Correggio
Il
giorno 3 novembre 1522 il Correggio firmò il
contratto con i Fabbriceri del Duomo di Parma in cui
si impegnava a dipingere la cupola, che aveva una
superficie di centocinquanta pertiche quadrate, un'estensione
colossale. Egli intendeva proporre un affresco illusionistico
eccezionalmente complesso con l'Assunzione della
Vergine a cui la chiesa era dedicata e nei pennacchi
quattro grandi conchiglie che racchiudevano i quattro
santi protettori della città. Per far comprendere
le sue intenzioni ma anche per chiarirle a se stesso
eseguì numerosissimi disegni, probabilmente
un modello in scala della cupola e dei modelli in
cera o creta delle figure, che sospese in aria con
fili per poterli disegnare da molteplici punti di
vista. Lo studio per il parapetto della cupola della
cattedrale di Parma, che viene qui esposto, ci fa
meglio comprendere i metodi di lavoro del Correggio;
è un disegno che cerca di risolvere a livello
di progetto l'integrazione di una finestra con l'affresco.
Un problema che lo impegnò molto era, infatti,
costituito dal fatto che ciascuno degli otto lati
di base della cupola era interrotto da una grande
finestra circolare. Pose su un cornicione marmoreo
giganteschi Apostoli, in piedi, nell'atto di salire
un'immaginaria scalinata, che porta al sepolcro della
Vergine, simboleggiato dalla chiesa stessa, vista
come collegamento tra terra e cielo. Dietro agli Apostoli
realizzò un parapetto interrotto dagli otto
grandi ovuli, su cui siedono in pose diverse giovani
efebi che reggono candelabri, patere, navicelle e
arbusti. Questa zona rappresenta ancora l'area terrena
sovrastata, dopo uno stacco di cielo, da una gloriosa
e inesauribile schiera di angeli musici che intrecciano
una danza scompigliata.
Il foglio è un disegno a sanguigna con penna
e inchiostro, con quadrettatura e con due linee angolate
che definiscono i limiti della faccia ottagonale della
cupola. Tra le otto basi dell'ottagono si riferisce
a quella con un maggior numero di figure, che appaiono
quindi più scompigliate. Confrontando la parte
dell'affresco che lo riguarda si nota che, in corso
d'opera, il Correggio fece alcuni aggiustamenti dovuti
alla forma della cupola. Il foglio, già conosciuto
tramite un'incisione del XVIII secolo, ha sul verso
uno studio di architetture a sanguigna.
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Bibliografia:
David Ekserdjian, Correggio, Milano, Silavana
Editoriale, 1997; Eugenio Riccòmini, Le
Corrège: un visage du Christ, in L'oeil,
454, 1993; Idem, Il Museo Civico di Correggio,
Milano, Electa, 1995; Mario di Giampaolo, Correggio
disegnatore, Milano, Silvana Editoriale, 2001
Da
Correggio allo spazio illusionistico barocco e rococò
La
pittura di Antonio Allegri (1489- 1534), detto il
Correggio, vissuto appartato quasi sempre fra Parma
e Correggio, la cittadina natale da cui prende il
nome, è l'esempio più illustre di quanto
sia grande il potenziale creativo della cosiddetta
"provincia italiana" e di quanto l'arte
nazionale ed europea abbia beneficiato di simili apporti.
Svincolato da un confronto diretto con altri grandi
maestri, lontano da Venezia e da Firenze, Correggio
propone una "terza via" per gli sviluppi
del Rinascimento. La sua formazione avviene a Mantova,
negli ultimi anni di vita del Mantegna, di cui allestisce
la cappella funeraria in Sant'Andrea. Su questa prima
esperienza innesta, con grande capacità critica,
stimoli leonardeschi e veneziani. La Madonna con
Bambino e San Giovannino del Prado, del 1516,
è un omaggio evidente alla Vergine delle
Rocce di Leonardo. La sua pittura, dai colori
dolcemente dorati, richiama Raffaello. Ha modo di
approfondire la conoscenza di Raffaello e di Michelangelo
con un viaggio di studio a Roma intorno al 1518. Nella
sua carriera esegue molte opere di soggetto religioso.
Opere di grande coinvolgimento emotivo grazie alla
dolcezza delle espressioni (Madonna di San Gerolamo,
1523) e al dinamismo della composizione. Nella Deposizione
del 1520-24 dimostra una insuperata capacità
di rendere fortemente drammatiche le rappresentazioni.
Tra le pale d'altare emerge La Notte di Dresda
del 1529-30, con la celebre invenzione correggesca
dell'illuminazione notturna, che venne rielaborata
dallo stesso Rubens nell'Adorazione dei pastori
per la Chiesa di San Filippo Neri a Fermo.
Al Correggio si devono opere capitali per lo sviluppo
dell'arte italiana ed europea ad iniziare dalla Camera
della Badessa nel convento di San Paolo (1519). Nell'itinerario
artistico del Correggio gli affreschi della Camera
di San Paolo appaiono come un'accelerazione improvvisa,
come qualcosa di nuovo e di diverso rispetto a tutta
l'opera precedente. La Camera di San Paolo faceva
parte dell'appartamento della Badessa del Monastero
di San Paolo, Giovanna Piacenza, che richiese uno
spazio che rispecchiasse la cultura umanistica di
tipo erudito-archeologico della sua cerchia di amici.
La volta della camera è impostata su sedici
lunette dipinte a monocromo, divise da costoloni,
che si riuniscono attorno ad un rosone dorato in cui
è scolpito, in legno, lo stemma della Badessa;
nel complesso si ha l'idea di un grande pergolato
scenografico su cui si aprono ovati con figure di
putti, in atteggiamenti vari.
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Un
ulteriore progresso furono gli affreschi di San Giovanni
Evangelista (1520-23). Hanno per soggetto la Visione
di San Giovanni basata sull'Apocalisse: "Ecco,
viene con le nuvole; e ogni occhio lo vedrà,
anche coloro che lo hanno trafitto: e su lui faranno
lamento tutte le tribù della terra" (Apocalisse,I,7).
Il pittore aderisce ad una antica tradizione padana
collocando, al centro della cupola, il Pantocratore,
come ad esempio nella Cupola orientale di San Marco
a Venezia, ma nello stesso tempo attua una geniale
innovazione nell'inserire, in modo spettacolare, lo
stesso San Giovanni, gli apostoli e i cherubini, utilizzando
e rielaborando le invenzioni formali del Mantegna,
di Raffaello e di Michelangelo. I colori bruniti degli
apostoli, le nubi ruotanti dei cherubini creano un
crescendo vorticoso in un progressivo alleggerirsi
dei pesi e chiarificarsi dei toni fino a giungere
al vertice, ove è un Gesù candido, circondato
da fulgida luce. La cupola di San Giovanni è
il più chiaro lascito dell'esperienza romana.
La figura del Cristo vista in splendido isolamento
contro un anello dorato di teste di cherubini ha come
precedente la Trasfigurazione di Raffaello,
la prestanza fisica degli apostoli suggeriscono la
consapevolezza degli ignudi della Sistina, lo sfondamento
delle cupola, come se attraverso essa vedessimo un
cielo libero, rimanda alla pittura illusionistica
del Mantegna della Camera degli Sposi e di Melozzo
da Forlì della cupola di Loreto. Ma la conoscenza
dell'opera di questi maestri non diminuisce l'invenzione
del Correggio. Eliminando completamente le strutture
architettoniche, che tradizionalmente suddividevano,
incorniciandolo, lo spazio pittorico crea una tipologia
del tutto nuova, molto più libera rispetto
alle convenzioni rinascimentali e gravida di conseguenze
per il futuro, anticipando clamorosamente le grandi
opere decorative dei due secoli successivi.
Nel Duomo di Parma, con l'Assunzione della Vergine
(1526-30) il Correggio realizza il suo capolavoro,
la sua fantasia prodigiosa tocca il momento più
alto. Il Correggio dà consistenza ad una visione
celeste, utilizzando un discorso in verticale che
sfrutta abilmente il contrasto fra la concretezza
della chiesa e l'altezza della cupola. L'illusionismo
prospettico raggiunge uno dei risultati più
alti, l'artista riesce a creare un moto ascensionale
molto accentuato rispetto alla decorazione di San
Giovanni, ottenuto con la spirale delle molte figure
galleggianti su nubi, sempre leggere e sempre più
inconsistenti via via che salgono verso la luce divina.
La libertà compositiva, il potente effetto
illusionistico, il trascinante effetto rotatorio di
vortice di forme, intrise di luce dorata sono un'assoluta
novità e costituiscono un superamento della
stessa cultura romana. Le figure di Michelangelo alla
Sistina sono infatti fermamente assise su sedili di
pietra contornate da un sistema di cornici, archi,
pilastri, che contengono un'ulteriore partitura di
tondi e di quadri. Il Correggio supera tutte le convenzioni
adottate dai suoi predecessori e crea l'insuperato
modello per le grandi visioni barocche, anticipando
di un secolo le produzioni romane.
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La
serie Gli amori di Giove, tratti dalle "Metamorfosi"
di Ovidio, commissionati da Federico Gonzaga, si colloca
ai vertici della pittura mitologico-sensuale del Rinascimento.
L'artista rendel'erotismo nascosto perché Giove
appare sotto forma di cascata d'oro, di nube, di aquila,
di cigno. Numerosi elementi spingono a considerare
i quattro grandi dipinti mitologici come suo testamento
artistico; stadio finale e punto più alto di
un lungo e incredibilmente rapido percorso artistico
che il pittore compì in poco più di
vent'anni.
Si stenta a credere che i suoi capolavori siano stati
realizzati tra il 1519 e il 1530, in pieno Rinascimento
maturo, in un periodo in cui Michelangelo Buonarroti
non aveva ancora dipinto Il Giudizio Universale.
I suoi grandi lavori ad affresco, infatti, contrastano
con la nostra idea dello spazio rinascimentale perfettamente
finito, delimitato, misurabile. Al contrario, nelle
sue cupole, esprime uno spazio incommensurabile, infinito,
vi è la soppressione della delimitazione dello
spazio con partiture architettoniche e la creazione
di uno spazio pittorico orchestrato in una mobilità
atmosferica di forme, luce, colore che annulla la
realtà fisica dello spazio architettonico per
un "illusionismo visionario". Immagina di
aprire la cupola verso il cielo, una concezione che
sarà poi ripresa solo in età barocca.
Ma presso gli intenditori d'arte e gli artisti del
Barocco, anche dallo stesso Rubens, ancor più
vennero apprezzati e studiati i suoi nudi muliebri
e le sue opere di soggetto religioso.
Nella pittura barocca e rococò la forza del
suo esempio verrà continuamente riproposto.
Nel Seicento, infatti, si afferma, accanto all'orientamento
realista di Caravaggio e a quello classicista di Annibale
Caracci, un linguaggio pittorico estroso e spettacolare,
una pittura illusionistica che recupera gli insegnamenti
del Correggio. Questa pittura ha il fine di celebrare
il potere della chiesa trionfante della Controriforma
o il potere e la ricchezza del committente, che spesso
è un principe, creando opere spettacolari che
coinvolgono emotivamente l'osservatore, suscitando
in lui stupore e meraviglia. I principali esponenti
della pittura illusionistica, attivi soprattutto a
Roma al servizio della Chiesa, sono il parmense Giovanni
Lanfranco (1582-1647), Pietro da Cortona (1596-1669),
Giovanni Battista Gaulli e il trentino Andrea Pozzo.
Il fenomeno ebbe amplissima diffusione in Italia ed
in Europa e arrivò ad interessare anche gli
artisti che operarono in Tirolo fino al '700 inoltrato
e che ancora si rifanno espressamente all'esempio
del Correggio.
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