OLTRISARCO
- Ricostruzione storica ed economica dello sviluppo di un quartiere
di Bolzano - di Fabrizio Miori
Il quartiere di Oltrisarco a Bolzano
comincia ad assumere una sua specifica conformazione verso l'inizio
del Novecento, quando nella zona compresa tra il fiume Isarco
e la montagna del Virgolo si accentua l'edificazione, già iniziata
alla fine del secolo precedente, ai lati della strada statale
che portava a Trento. Sorgono così i primi nuclei di abitazioni
civili che si vanno ad aggiungere ai singoli vecchi masi preesistenti
e sparsi nella campagna circostante. Molte di queste abitazioni
vengono progettate e costruite da famiglie di provenienza trentina
che, trasferendosi a Bolzano in cerca di lavoro, danno così il
via ad una corrente migratoria che durerà per molti anni.
Anche l'amministrazione pubblica
cittadina decide nello stesso periodo di costruire caserme e strutture
per ospitare quello che allora era l'imperial-regio esercito austroungarico
e di localizzarle sempre ai lati della stessa strada statale.
Vengono infatti edificati ad Aslago un poligono di tiro a segno
militare, da non confondersi con quello civile, e nella zona denominata
Prati Ghiacciati, diverse palazzine per ospitare reparti di Tiroler
Jaeger o successivamente di artiglieria.
Si può comunque sostenere che nei
primi anni del secolo, più che un vero e proprio quartiere della
città, Oltrisarco fosse ancora poco più di un agglomerato di case
sparse nella campagna, marginale rispetto alla città stessa. Le
case esistenti ad Oltrisarco in questo periodo sono decisamente
poche: in base al censimento asburgico del 31 dicembre 1890, in
tutta la zona di Aslago e del Virgolo, queste risultano essere
solamente 28 (con presenti in zona solo 256 persone), mentre nel
Viertel propriamente detto di Oltrisarco si contavano 29 case
(con 204 persone). Dalle piante catastali di quegli anni si può
però già evincere la tendenza delle costruzioni più recenti a
collocarsi nelle immediate vicinanze della strada statale. Per
quanto riguarda la popolazione, un opuscolo del 1919 edito dal
Regio Esercito Italiano, ci fornisce il numero degli abitanti
al 31 dicembre 1910, data dell'ultimo censimento asburgico. Gli
abitanti di tutta la "città autonoma" di Bolzano raggiungono
il numero di 24.126 persone, di queste 133 abitano ad Aslago,
247 al Virgolo e 1.091 ad Oltrisarco. Va comunque sottolineato
che il totale non comprendeva gli abitanti di Gries che, pur facendo
parte del distretto di Bolzano, all'epoca era ancora un comune
a sé stante. Gries aveva allora 7.298 abitanti.
Nel 1905 risultano in attività ad
Oltrisarco solo tre trattorie, due rivendite di vino e un'unico
negozio di generi alimentari gestito da Emanuel Caldonazzi; con
l'aumento della popolazione civile e militare inizia però a costituirsi
il tessuto economico del quartiere, anche se basato inizialmente
su scambi che avvenivano solo in negozi di generi di prima necessità.
Allo scoppio della prima guerra mondiale
Oltrisarco presenta già una sua fisionomia ben definita: la popolazione
di varie provenienze che viveva e lavorava nella zona era servita
da una linea tranviaria, aveva a disposizione una propria scuola,
una banca e poteva evitare di recarsi fino in centro città per
le piccole spese, potendo contare su una efficace rete di negozi
di tutti i generi che assicuravano la soddisfazione non più dei
soli consumi primari. Tale appare infatti la situazione delle
attività economiche presenti nel quartiere nell'anno 1914: la
presenza di ben nove alberghi con servizio di ristorazione, quattro
panifici, quattro negozi di generi misti, tre macellerie, quattro
falegnami, tre calzolai, tre negozi di frutta e verdura, tre lavanderie-stirerie,
due latterie, due negozi di barbiere, danno molto chiaramente
l'idea di come nel frattempo sia cresciuta la domanda di beni
e servizi nella zona. Bisogna sottolineare ancora la comparsa
di altre numerose e disparate attività, per quanto di piccole
dimensioni: tre agenzie di commercio, tre imprese edili, tre negozi
di pittori o imbianchini, un atelier di sarta per signore, un
bottaio, un sellaio, un fornitore di materiali edili, un'impresa
di fabbricazione di scatole, un'officina di maniscalco o carrozziere,
un fabbro, un tabaccaio, uno spazzacamino, un negozio di tappezziere,
una mensa economica ed una rivendita di vini.
Comincia contemporaneamente a svilupparsi
anche il sistema dei trasporti che influenzerà fortemente lo sviluppo
di Oltrisarco negli anni a venire. E' quindi importante sottolineare
la storia della linea tranviaria di collegamento tra Bolzano e
Laives fino alla convenzione nel dopoguerra con la SASA che istituì
l'attuale servizio di autobus. Sorta in sostituzione di una linea
automobilistica privata che saltuariamente collegava Bolzano con
Laives, la linea tranviaria Bolzano-Vurza fu inaugurata il 1°
gennaio 1914. Il collegamento dal capolinea del maso Vurza con
Laives venne assicurato da diverse ditte private fino al luglio
1931, quando fu aperto al pubblico anche il prolungamento della
linea tranviaria, per il quale i lavori erano iniziati nel 1930.
Negli anni successivi il Comune prese in considerazione anche
la trasformazione dei tram in filobus, ma il progetto fu bloccato
dalle restrizioni collegate all'avvicinarsi degli eventi bellici.
Furono comunque predisposti due progetti di massima, uno della
FIAT e uno dell'AEC, che prevedeva tra il resto la trasformazione
dell'edificio del vecchio bersaglio in autorimessa. Nel 1948 il
rinato consiglio comunale di Bolzano approvò una convenzione con
la Società Atesina Servizi Automobilistici, con la quale vennero
istituite le nuove linee urbane servite da autobus, segnando così
la definitiva eliminazione dei vecchi tram.
Passaggi a livello e sottopassaggi
ferroviari erano i punti d'incrocio con la linea ferroviaria del
Brennero che, non avendo fermate nel quartiere e costituendo con
la sua massicciata un ostacolo materiale, rappresentava per Oltrisarco
solo un aspetto negativo. Prima della costruzione della linea
tranviaria non esistevano sottopassaggi e l'unico punto dove si
poteva attraversare la linea ferrata era un passaggio a livello
situato sotto il monte Calvario. Con la realizzazione della zona
industriale fu aperto al traffico il sottopassaggio ferroviario
situato di fronte all'allora ristorante Rovereto in via Claudia
Augusta e solo negli ultimi mesi del 1957 fu finalmente aperto
anche il sottopassaggio di via Roma. Alla fine degli anni Trenta
si intendeva costruire, sull'area dove poi fu realizzato quest'ultimo
sottopassaggio, la nuova stazione di rappresentanza cittadina,
che avrebbe immesso direttamente i viaggiatori nella nuova "grande
Bolzano" italiana. Anche questo progetto fu però in seguito
definitivamente abbandonato, sempre a causa degli eventi bellici.
Dalle vicende legate invece a ponte
Loreto prende spunto la storia dei collegamenti con gli altri
quartieri cittadini attraverso l'Isarco: unico collegamento del
rione con la città propriamente detta era infatti solo questo
ponte, fino a quando con la realizzazione in un primo tempo di
una passerella pedonale (nell'aprile 1935) e successivamente dei
nuovi ponti Roma e Resia (nel 1939-1940) fu spezzata anche questa
forma di isolamento dagli altri quartieri cittadini.
Oltrisarco ha però nel suo territorio
anche un altro importante nodo di comunicazioni: l'aeroporto di
San Giacomo, del quale viene tracciata una cronistoria a partire
dalle sue origini risalenti alla fine della prima guerra mondiale:
il Comune di Bolzano lo aveva infatti affittato nel 1919 al Regio
Esercito Italiano, da cui allora dipendevano i reparti aeronautici.
Nel relativo contratto si scopre che la 121° e la 131° Squadriglia
lo utilizzavano ufficialmente fin dal mese di ottobre del 1919.
Va inoltre evidenziata la sua rilevanza nella stesura delle prime
bozze del piano regolatore della città nel 1925 ad opera degli
architetti Hora e Wayhenmeier che lo avevano inserito nel previsto
sistema di trasporti integrato ed avevano esaminato il suo successivo
ampliamento. Si può così ricostruire lo sviluppo delle linee aeree
civili nazionali e internazionali che vi facevano scalo nel periodo
tra le due guerre: nell'autunno 1930 Bolzano era collegata direttamente
o mediante opportune coincidenze con Trento, Venezia, Roma, Milano,
Innsbruck, Vienna, Monaco, Berlino, Cracovia, Dresda, Budapest
e Graz. Successivamente sorsero le nuove strutture militari, furono
fondati l'Aeroclub cittadino e la scuola di pilotaggio. A partire
dagli anni Cinquanta vennero anche predisposti diversi progetti
di sviluppo e modernizzazione che attualmente sono ancora in fase
di realizzazione.
Ma torniamo al 1914: la dichiarazione
di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia diede inizio al primo
conflitto mondiale; nel maggio del 1915 anche il Regno d'Italia,
dopo un periodo di neutralità, entrò nel conflitto, avvicinando
così la zona dei combattimenti all'Alto Adige. Ciò comportò anche
per Oltrisarco tutte le difficoltà e le restrizioni derivanti
dallo stato di guerra. Già dalla prima mobilitazione tutte le
classi più giovani vennero richiamate alle armi, fino al quarantaduesimo
anno d'età; il successivo arrivo in città dei primi feriti e convalescenti
reduci dalle zone di guerra e la comparsa dei prigionieri, contribuirono
a creare quel clima che faceva della città, pur non essendo nelle
immediate vicinanze delle linee di combattimento, una città di
retrovia, con tutti i problemi connessi. Ci fu poi l'introduzione
- nell'aprile 1915 - del razionamento del pane e della farina;
normalmente ad ogni persona spettavano 1400 grammi di farina o
1750 grammi di pane alla settimana. Già nel febbraio 1916 la razione
scese a 1.125 grammi e più tardi anche a zero, a causa delle enormi
difficoltà di approvvigionamento.
Il problema dei rifornimenti alimentari
doveva essere veramente grave per arrivare, alla fine della guerra,
a spingere la popolazione, superate le diffidenze ed i primi tentennamenti,
ad affollarsi intorno alle cucine da campo dell'occupante esercito
italiano per soddisfare i minimi bisogni alimentari. D'altronde
negli ultimi anni gli abitanti avevano vissuto esperienze nuove
e non certo piacevoli, in quanto legate agli eventi bellici. Subito
dopo l'inizio della guerra furono date alla popolazione istruzioni
che, alla luce delle esperienze dei successivi bombardamenti aerei
che colpirono la città, ci possono suonare perlomeno buffe. L'avvicinamento
di aerei nemici veniva segnalato tramite lo sparo di mortaretti
dal Virgolo; per ovviare al pericolo di incendi venne ordinato
l'allestimento di tini d'acqua sui tetti delle case. Le luci dovevano
essere oscurate per rendere più difficile l'orientamento dei velivoli
nemici e durante il bombardamento bisognava stendersi a terra
dove ci si trovava.
Anche Oltrisarco ebbe comunque i
suoi danni di guerra. Tra le varie incursioni aeree che la città
subì da parte dell'aviazione italiana, la più pesante, relativamente
ai danni riportati, fu quella del 26 agosto 1918: tre squadriglie
di Caproni, tra cui la famosa Squadriglia Serenissima, quella
di D'Annunzio e del volo su Vienna, sganciarono il loro carico
di bombe sulla città vecchia, ma danneggiarono anche una fabbrica
di pellami ad Oltrisarco. La stessa incursione causò tre morti
tra la popolazione civile, gli unici a Bolzano per bombardamento
aereo nel corso della guerra 1914-18.
Le truppe italiane entrarono a Bolzano
il 7 novembre 1918. Le prime avanguardie del Regio Esercito scesero
in città dal passo della Mendola; erano due battaglioni alpini,
con un reparto di cavalleria ed uno di artiglieria, al comando
del generale Caviglia. I problemi conseguenti alla presa di possesso
dei nuovi territori erano sicuramente enormi. A parte quelli della
lingua, della toponomastica e della legislazione vigente, il principale
doveva essere quello di ricostruire il tessuto economico della
zona che era stato lacerato dall'economia di guerra.
La difficile ripresa economica del
primo dopoguerra va qui considerata alla luce degli avvenimenti
nel quartiere. La ricerca di lavoro e di una migliore situazione
finanziaria alimentò nei primi anni Venti un flusso continuo di
immigrati che non provenivano più solo dal vicino Trentino come
negli anni precedenti, ma ora anche dal Veneto. L'aumento dei
negozi e delle attività economiche presenti rispetto al 1914 mostra
come Oltrisarco fosse in pieno sviluppo. Possiamo infatti registrare
come, tra le varie attività esistenti nel 1920, il numero di negozi
di generi alimentari si fosse quasi triplicato (passati da quattro
a undici), lo stesso per il numero delle rivendite di frutta e
verdura (da tre a undici); in totale si è comunque passati dalle
complessive 62 attività registrate nel 1914 alle 111 nel 1920.
Sono sorte inoltre le prime attività di produzione di prodotti
destinati non più al quartiere stesso ma a mercati talvolta esterni
alla città; tra queste registriamo nel 1926 la presenza di una
fabbrica di biscotti, di una ditta di fabbricazione di fiori artificiali,
una di maglierie e una di canestri, scope, spazzole e simili.
Nel frattempo aumenta il numero dei
rappresentanti politici del quartiere eletti alle cariche amministrative
cittadine. Nelle elezioni comunali del gennaio 1922 risultano
infatti tra i nuovi consiglieri comunali Max Pintarelli (candidato
del Deutscher Verband) e Giovanni Pitacco (candidato nella Lista
comune dei Socialdemocratici e degli Italiani), mentre tra i non
eletti troviamo Luigi Steinmayr e Rodolfo Pollo (che si presentavano
entrambi nella Lista degli Italiani): tutti e quattro risiedevano
o lavoravano ad Oltrisarco.
Il confronto tra le attività economiche
presenti nel quartiere nel 1922 e nel 1926 illustra l'evoluzione
dei mestieri e delle occupazioni dei suoi abitanti che muovono
i primi passi come piccoli imprenditori.
Il 10 maggio 1922 lo stesso Giovanni
Pitacco presentò domanda, per ottenere dal Comune l'autorizzazione
ad usufruire delle strutture del vecchio macello militare austroungarico,
che giacevano abbandonate ed inutilizzate in località Prati Ghiacciati
(Eiswiese) di Oltrisarco. Più precisamente chiedeva di poter disporre
delle vecchie baracche al fine di dar vita in breve tempo ad un'officina
"in grande stile" per la produzione di articoli di cartone,
scolastici, da ufficio e di réclame, con annessa falegnameria.
L'autorizzazione fu in seguito concessa; negli elenchi delle attività
presenti nel quartiere del 1926, troviamo infatti tra i produttori
di cartonaggi proprio Giovanni Pitacco.
E' invece dell'anno successivo la
richiesta del permesso per la costruzione di un cinematografo
e di altri fabbricati sulla particella edificiale n. 868 ad Oltrisarco,
inoltrata, in data 7 novembre 1923 da parte di Fortunato Tomasini
e Giovanni Carmann al Municipio di Bolzano, retto all'epoca dal
Commissario prefettizio dott. Boragno. Sarà questo l'atto di nascita
del cinema Vittoria, che si trovava in un vicolo tra le case di
via Claudia Augusta, nel punto dove oggi sorge un supermercato.
Tuttavia, almeno dal 1919, è sicura la presenza di un altro cinema
nel sobborgo, come emerge da alcuni atti emessi in quell'anno
dalle competenti autorità locali, in base ai quali risultano esistere
a Bolzano tre cinematografi, dei quali uno situato nel rione di
Oltrisarco. Dagli elenchi ufficiali delle ditte stilati dalla
Camera di commercio di Bolzano nel 1926, scopriamo tra i cinematografi
cittadini quello gestito da Ottone Dapunt ad Oltrisarco n. 76.
La non coincidenza dell'indirizzo con quello del nuovo edificio
costruito da Fortunato Tomasini, situato al civico 40 di Oltrisarco,
fa pensare che questo possa essere il cinematografo esistente
nel 1919 e forse lo stesso che negli anni successivi si troverà
talvolta con la denominazione "Cinema Diana" di Oltrisarco.
Giovanni Carmann era anche il gestore
dell'omonimo ristorante, mentre altri suoi colleghi nel 1920 erano
Ferdinand Haas (ristorante Stella Alpina), Elise Schneider (Castel
Flavon), Eugen Bernhard (vecchio bersaglio), Josefine Leonardi
(Hoellerhof), Paul Ortler (Lewald), Jakob Meraner (Meraner), Anton
Lugger (Lindenburg), Alois Unterhofer (Maso della Pieve), Anton
Praxmarer (Putzenhof) e Anna Waldmann (Wreden).
Rodolfo Pollo era titolare di una
ditta di costruzioni, mentre Luigi Steinmair era invece un noto
falegname. La ditta dei fratelli Massimiliano e Fortunato Pintarelli
si occupava di costruzioni, scavi e manutenzioni stradali e allo
stesso numero civico gestiva anche una rivendita di generi alimentari.
La loro impresa non ebbe però vita lunga: il quotidiano "La
Provincia di Bolzano" comunicò che il loro fallimento era
stato dichiarato con sentenza del 26 ottobre 1929.
La crisi edilizia a Bolzano è in
questo periodo più acuta che nelle altre provincie, essendo qui
praticamente assoluta la mancanza di costruzioni nel periodo postbellico.
Il Comune aveva provato ad incentivare l'iniziativa privata, stabilendo
un premio di mille Lire per ogni vano costruito, senza tuttavia
riscuotere in tal senso alcun successo. Venne allora presa la
decisione di far fronte alle esigenze abitative con la realizzazione
diretta da parte del Comune di case popolari.
Nel 1925 la prima costruzione non
fu però opera comunale, ma venne commissionata dalla Cooperativa
Case Popolari alla ditta dell'ing. Donati su progetto di Luis
Trenker. Fu realizzato il fabbricato tuttora esistente in località
Prati Ghiacciati. Solo l'anno successivo il Comune diede inizio
ai lavori per la realizzazione di un gruppo di tre case popolari
di fronte alle scuole Tambosi, su progetto dell'architetto civico
Gustav Nolte.
In data 21 maggio 1926, da un promemoria
per il Commissario Prefettizio, risulta che il Comune, bisognoso
di liquidità, per sostenere le spese relative alla costruzione
di nuove abitazioni, stava studiando la possibilità di vendere
immobili di sua proprietà che rappresentavano un impiego di capitali
ad un interesse minimo. Tra questi vennero considerate in particolar
modo le caserme: risultavano infatti essere iscritte nell'inventario
comunale per un valore di otto milioni, a fronte dei quali si
ricavavano affitti per solo Lire 192.314 e si pagavano, tra spese
di manutenzione, assicurazioni contro gli incendi e tasse, somme
superiori a Lire 70.000. Il che equivaleva ad una rendita di poco
superiore all'1,50% sui capitali impiegati. La soluzione della
vendita delle caserme venne d'altronde considerata perché in quel
momento l'accensione di nuovi mutui non era consigliabile dato
l'alto tasso di interesse corrente e poiché d'altra parte non
era più possibile continuare ad anticipare con mezzi ordinari
di cassa le somme per pagare le opere eseguite. Venne quindi predisposta
una stima minima delle ubicazioni militari di proprietà del Comune,
per la possibile vendita.
Per il momento il Comune non riuscì
nel suo intento di procurarsi in tal modo la liquidità necessaria
per poter operare nel campo dell'edilizia popolare.
La realizzazione di nuove case nel
quartiere di Oltrisarco subì un rallentamento fino agli anni Trenta,
quando dopo un blocco per alcuni anni, causato come visto dalle
difficoltà finanziarie dell'amministrazione comunale, fu dato
il via ai lavori per la costruzione dell'edificio noto come "il
Vaticano", realizzato all'angolo tra le attuali vie Claudia
Augusta e Fratelli Bronzetti, su progetto di Angelo Nolli, nuovo
ingegnere capo del Comune. Contemporaneamente furono allestite
anche dieci baracche di legno nei terreni del vecchio bersaglio
per poter alloggiare le famiglie in condizioni di non poter pagare
anche i minimi affitti delle case comunali. Negli anni successivi
anche l'Istituto Autonomo Case Popolari di Venezia (realizzatore
del quartiere Venezia) costruì case popolari ad Oltrisarco e in
viale Trento. Fu poi la volta dell'edificio situato in via Claudia
Augusta, angolo via Roma, realizzato quale residenza ultra popolare
e composto di alloggi monolocali.
Gli anni Trenta cominciarono con
l'arrivo anche a Bolzano degli effetti della crisi internazionale
dovuta al crollo di Wall Street. Le autorità locali, cercando
di limitare i danni alla popolazione, concentrarono i loro interventi
nel tentativo di contenere i prezzi dei generi primari, effettuando
molteplici controlli sui negozianti del quartiere, in particolar
modo nei panifici e nei dormitori pubblici.
Continuarono comunque le opere nel
campo dell'edilizia pubblica: aprirono molti cantieri per realizzare
opere civili e militari. Nella zona dell'Agruzzo venne realizzato
lo stabilimento dell'ASPA, una ditta che si occupava della raccolta
e del trattamento delle immondizie cittadine con criteri allora
modernissimi. Basti pensare all'utilizzo di autocarri a trazione
elettrica per la raccolta dei bidoni. Allo stesso tempo sorse
anche il cantiere per la costruzione della "città militare",
come allora veniva chiamata la caserma Mignone.
L'incremento della popolazione del
quartiere ci viene segnalata dal quotidiano dell'epoca "La
Provincia di Bolzano", da cui risulta come nel periodo tra
il 1931 e il 1935 i nuclei familiari residenti fossero aumentati
da 1.175 a 1.409, pari quindi ad un aumento di quasi il 20% in
cinque anni.
Ma torniamo ad esaminare alcune delle
attività economiche presenti nel quartiere nel 1935.
Un primo caso da segnalare è una
nuova ditta per la produzione di acque gassose e bibite di vario
genere, La Bolzanese, che aveva sede in via Claudia Augusta, all'altezza
della casa dove avrebbe poi aperto la trattoria alla Pergola,
sul retro della quale, in un garage, avveniva la produzione delle
bibite.
Compare per la prima volta la fonderia
di Guido Pippa, specializzata in fusioni di bronzo, rame ed ottone,
che venivano effettuate nel bel mezzo del quartiere, in un cortile
interno di via Claudia Augusta, al civico 45.
Nel settore "cave e manutenzione
stradale", in sostituzione della ditta dei Fratelli Pintarelli,
di cui avevamo registrato il fallimento, troviamo Augusto Bonadimann,
gestore di un'impresa con sede in via Claudia Augusta n.28.
Nella categoria "autonoleggi"
viene registrato per la prima volta il garage Lancia, gestito
dal Dott. Mario Chiays: dalle pubblicità dell'epoca scopriamo
che il garage aveva anche la concessionaria della marca Citro(n
e che svolgeva attività di riparazione autoveicoli, fornitura
di pezzi di ricambio e di " verniciatura alla nitrocellulosa".
Si registra la presenza di una nuova
attività di produzione di biscotti, titolare Arturo Wolf. Nascono
inoltre la Cooperativa Produttori Latte a San Giacomo e la Latteria
Sociale Agruzzo con sede in Oltrisarco, via Claudia Augusta n.7.
La categoria più numerosa risulta
comunque essere quella dei commercianti di prodotti alimentari
dei quali si contano ben ventuno esercizi; seguono come numero
i calzolai, che sono otto. In merito a quest'ultima categoria
bisogna sottolineare come i nomi dei titolari siano costantemente
diversi nel corso degli anni e come, nessuno o quasi, prosegua
a lungo con la stessa attività. Ciò potrebbe significare come
questo tipo di lavoro venisse allora considerato una transitoria
fonte di reddito in attesa di un migliore impiego e non un'occupazione
stabile.
Il cinema Vittoria, in via Claudia
Augusta n.41, è ora gestito da Domenico Tecilla, proprietario
anche di un negozio di prodotti alimentari.
Il personaggio più attivo è però
sicuramente Giuseppe Sega, che risulta gestire una cartoleria
in via Claudia Augusta n.20, un negozio di mercerie e mode in
via Claudia Augusta (senza numero) e una rivendita di monopoli
e giornali, sempre in via Claudia Augusta, al n.26.
Nel quartiere operano anche due ostetriche,
le cui prestazioni erano evidentemente molto richieste; Maria
Fiegl e Francesca Roncador. Tra i professionisti troviamo invece
l'architetto Rodolfo Pollo che gestisce sempre la sua ditta di
costruzioni, il farmacista Lorenzo Mezzena e l'ingegnere Giovanni
Walde.
In via Claudia Augusta c'è ora anche
un bar: si chiama Circolo.
Tra il settembre 1934 e il marzo
1935 vengono emanati i decreti istitutivi della zona industriale
di Bolzano in seguito ai quali prendono il via i lavori di approntamento
dell'area dell'Agruzzo per la realizzazione delle infrastrutture
necessarie da parte del Comune. Lentamente cominciano a comparire
i cantieri per la realizzazione degli stabilimenti delle ditte
che avevano ottenuto l'assegnazione dei terreni.
La prima ditta ad iniziare la produzione
nella "zona", nel febbraio 1937, sarà proprio una fonderia
che vi si era trasferita da via Claudia Augusta, la Guido Pippa,
nota ai bolzanini soprattutto per la produzione dei tombini cittadini,
su molti dei quali ancora oggi si può leggere questo nome. Al
31 ottobre 1939 erano comunque in attività in zona complessivamente
20 ditte che davano lavoro a 3.004 operai, la maggior parte occupati
nelle quattro ditte di maggiori dimensioni, cioè l'Industria Nazionale
Alluminio del gruppo Montecatini con 900 operai impiegati, le
Acciaierie del gruppo Falk con 650 operai, la Lancia con 600 operai
e la Feltrinelli-Masonite con 250 operai.
La nascita della "zona"
porterà degli sconvolgimenti nel quartiere, ma questa novità avrà
degli effetti a dir poco strani e sicuramente diversi da quanto
si crede comunemente: il numero delle attività economiche registrate
nel 1938 subisce infatti un calo rispetto alle attività presenti
nel 1935 e non un aumento come si potrebbe pensare. Il motivo
è con molte probabilità legato alla precarietà e alla scarsa reddittività
di molte di queste attività; i titolari, posti di fronte alla
scelta di continuare con la loro impresa individuale o cercare
un impiego come dipendenti nelle ditte che iniziavano a operare
nella "zona", sceglievano spesso la seconda soluzione
che dava loro maggiore tranquillità e sicurezza economica. Bisogna
inoltre considerare come gli operai dell'industria avessero possibilità
di accedere a facilitazioni nell'assegnazione degli alloggi che
si andavano allora costruendo a tale scopo sull'altra riva dell'Isarco.
E quindi più che probabile che parte degli abitanti del quartiere,
approfittando di tale occasione si siano trasferiti nelle nuove
case resesi così disponibili, diminuendo in tal modo anche il
numero degli abitanti di Oltrisarco. Risulta altrimenti inspiegabile
la variazione in controtendenza del numero dei negozi di generi
alimentari (da ventuno a diciotto), dei calzolai (da otto a sei),
dei ristoranti e delle trattorie (da dieci a sette), delle rivendite
di vini al dettaglio (da sette a cinque).
Altro fenomeno collegato allo sviluppo
industriale è l'aumento della presenza di artisti o professionisti
abitanti nel quartiere, finora quasi inesistenti e che segnala
il timido inizio di una maggiore diversificazione dei ceti sociali
ivi residenti. E' infatti in questi anni che apre l'ambulatorio
del dott. Emilio Leonardelli, il primo medico ad esercitare stabilmente
ad Oltrisarco. A lui vanno aggiunti il farmacista Lorenzo Mezzena,
l'ostetrica Maria Fiegl in Beiler, il perito industriale Luigi
Paloro, il ragioniere Giuseppe Vasco, i mediatori o agenti di
commercio Giuseppe Fraccaroli e Gaspare Zuccol, lo scultore Ignaz
Gabloner e il già visto impresario edile Rodolfo Pollo. La loro
presenza segnala come ormai il quartiere non sia più considerato
esclusivamente come un dormitorio per operai o come primo ricovero
per i nuovi arrivati in città, anche se la fama di rione malfamato
proseguirà quasi fino ai nostri giorni.
Il decennio si chiude con segnali
forieri di tempi di guerra: fervono infatti i lavori di costruzione
delle opere del Vallo Littorio nella zona vicina al cimitero,
costituite da diversi bunker disposti lungo una linea immaginaria
che da Castel Flavon arriva fino a Castel Korb attraversando l'intera
vallata e da un fosso anticarro che dal cimitero arriva fino all'Adige.
Cominciano anche ad essere predisposti i rifugi antiaerei: sono
ricavati in parte nelle cantina delle case private ed in parte,
quelli collettivi, nella montagna dietro al cimitero e sotto gli
stabilimenti della zona industriale. Per un periodo anche la galleria
del Virgolo, inaugurata nel 1940 ma non ancora ultimata, venne
utilizzata allo scopo. Se le fortificazioni fortunatamente sono
rimaste inutilizzate, purtroppo dei ricoveri antiaerei si dovette
far spesso uso nel corso della guerra: numerosi bombardamenti
alleati colpirono infatti la città causando danni anche ad Oltrisarco.
La sequenza dei tredici bombardamenti subiti da Bolzano (non contando
quelli di aerei isolati, tipo "Pippo") cominciò il 2
settembre 1943 per finire il 28 febbraio 1945. Se pochi furono
i danni subiti dalla zona industriale, notevoli furono invece
quelli del quartiere, specialmente nelle vicinanze di viale Trento
e di Aslago. L'obiettivo delle incursioni aeree era infatti solitamente
costituito dalla linea ferroviaria, in particolare dal ponte ferroviario
a Loreto e dalla stazione, colpiti i quali si sarebbe ottenuto
il blocco del flusso dei rifornimenti da e per la Germania: pare
che gli aviatori alleati si servissero della chiesetta del Calvario
come punto di riferimento per lo sgancio delle bombe e quindi
tutto quello che vi si trovava intorno fu colpito dalle bombe.
Nel frattempo, come conseguenza degli
avvenimenti dell'otto settembre 1943, il quartiere scoprì di essere
diventato parte della cosiddetta "Operationszone Alpenvorland"
ed i suoi abitanti di essere considerati sudditi del Terzo Reich
in quanto sottoposti alle sue leggi di guerra. E' in questa veste
che videro passare per via Claudia Augusta i prigionieri del Durchgangslager
di Bolzano che si recavano a lavorare nella non ancora ultimata
galleria del Virgolo che quindi non venne più usata come ricovero
antiaereo; infatti come effettuato anche sulla Gardesana o lungo
la strada che da Bolzano conduce a Sarentino, per garantire la
produzione bellica erano stati trasportati nelle gallerie i macchinari
delle fabbriche: in particolare qui era stata trasferita la produzione
di cuscinetti a sfera.
Gli avvenimenti degli ultimi giorni
di guerra si svolsero in parte anche nella zona industriale di
Bolzano, teatro di scontri tra truppe tedesche e patrioti italiani.
Dirigenti ed operai delle industrie avevano costituito infatti
nuclei locali della Resistenza; il 2 maggio 1945 dodici operai
catturati con le armi in pugno, dopo essere stati sopraffatti
dalle soverchianti forze tedesche, furono fucilati contro il muro
perimetrale degli stabilimenti Lancia. Il giorno successivo venne
stipulato un accordo tra il delegato militare del Comitato di
Liberazione Nazionale Alta Italia Bruno De Angelis e i generali
dell'esercito tedesco Wolff e Vietinghoff al fine di preservare
l'ordine e la sicurezza nella zona ed evitare ulteriore spargimento
di sangue. L'accordo prevedeva anche servizi di guardia misti
composti da truppe tedesche e patrioti italiani.
Con l'arrivo dei soldati alleati
e la definitiva cessazione delle ostilità, le nuove autorità comunali
si trovarono a dover risolvere il difficile problema alimentare
cittadino: alle numerose proteste popolari il Comune cercò di
rispondere con provvedimenti non sempre dall'esito felice, come
l'indiscriminato rilascio di licenze per la vendita al minuto.
I problemi principali riguardavano però i rifornimenti: dalle
citate proteste della popolazione emerge l'insufficiente quantità
di pane e addirittura di patate. Con il ripristino delle linee
di comunicazione, interrotte dai bombardamenti alleati, la situazione
andrà però gradualmente migliorando.
La zona industriale è comunque uscita
praticamente indenne dalla parentesi bellica e, con gli opportuni
approvvigionamenti di materie prime, può quindi ricominciare la
produzione, assicurando così un posto di lavoro a migliaia di
bolzanini.
La vita tende a riprendere il suo
corso normale, anche se risente ancora chiaramente dei lutti e
delle distruzioni belliche. I bombardamenti aerei a Bolzano hanno
seriamente intaccato il patrimonio edilizio cittadino: sono infatti
andati irreversibilmente distrutti 325 stabili, seriamente danneggiati
548 e lievemente altri 1.395 ma, fatto ancor più grave, durante
le incursioni hanno inoltre perso la vita circa duecento persone.
Specchio fedele della situazione
nel quartiere del 1948 è l'elenco delle attività economiche, da
cui emerge una realtà ancora scombussolata dalla mancanza di collegamenti
e dalla scarsità dei rifornimenti. Sono infatti presenti nel quartiere
ben diciotto ditte che si occupano di autotrasporti, probabile
conseguenza della ancora scarsa funzionalità delle Ferrovie dello
Stato. Risultano esistenti molte ditte che lavorano nel campo
delle ricostruzioni del patrimonio edilizio o comunque delle riparazioni
in genere: lattonieri, falegnami, carpentieri, elettricisti, pittori
e decoratori. Nascono anche nuove attività che compaiono per la
prima volta ad Oltrisarco: un acetificio, due ditte di produzione
di energia elettrica, due officine per la vulcanizzazione delle
gomme, una ditta produttrice di saponi e detersivi, diversi artigiani
quali elettricisti e arrotini e diversi negozi tra cui un orefice,
un orologiaio, un ombrellaio, un pellicciaio, una rivendita di
calzature e una di apparecchi radiofonici. Emergono inoltre alcuni
negozi o ditte i cui nomi diventeranno in seguito molto noti nel
quartiere e nell'intera città: la fiaschetteria di Berta Caresia,
il negozio di frutta e verdura di Ezio Frisanco, la ditta di installazione
impianti di riscaldamento Deanesi & De Carli, l'impresa di
costruzioni di Antonio Brida, la ditta di autotrasporti di Giuseppe
Gruber, la macelleria di Anselmo Fait, il negozio di mercerie
e tessuti di Bruno Defant, il panificio di Annibale Frisanco,
il ristorante Facchinelli e la trattoria alla Pergola. Nella categoria
degli artisti e professionisti, si registra la presenza di un
architetto, Antonio Panteri Saffo, e la scomparsa dall'elenco
di Rodolfo Pollo, che per tanti anni aveva avuto nella zona le
funzioni di rappresentante della categoria. Al dottor Emilio Bernardelli
si è aggiunto Il dottor F. Colombatti: entrambi i medici vengono
ancora oggi ricordati con simpatia ad Oltrisarco. Tra le ostetriche
bolzanine l'unica a risiedere nel quartiere è Amabile Amort; vi
sono invece ben due odontotecnici in attività, Albert Epperlein
e Remo Kortschak.
I problemi che affliggono la città
e soprattutto Oltrisarco sono inoltre la scarsità degli alloggi,
il gran numero di sfollati e la situazione precaria esistente
nelle molte baracche di fortuna, i cui abitanti vivono in condizioni
limite. Ne sono un tipico esempio le baracche del Villaggio Lancia,
realizzate in base ad un progetto del gennaio 1942: si tratta
di 32 baracche di legno realizzate dallo stabilimento sui terreni
allora di proprietà della ditta Viberti che produceva carrozzerie
per i camion. Erano state originariamente destinate ad ospitare
le maestranze piemontesi che si dovevano trasferire a Bolzano
al seguito dei macchinari salvatisi dai bombardamenti aerei subiti
a Torino per riprendere la produzione. Il progetto prevedeva delle
trincee antiaeree ai lati delle baracche con apposite scale per
accedervi e anche dei campi di bocce per i rari momenti di svago.
Finita l'emergenza bellica questi lavoratori piemontesi ritornarono
a casa o trovarono migliori sistemazioni ed il loro posto fu occupato
da altre famiglie sfollate o comunque senzatetto. I giornali dell'epoca
ci raccontano delle tristi condizioni in cui vivevano queste famiglie:
in alcuni casi si erano adattate perfino a vivere nelle vasche
costruite dalla Ferrovie sotto al monte Calvario destinate a raccogliere
l'acqua delle locomotive o addirittura nelle nicchie della galleria
del Virgolo. Le molte baracche di Oltrisarco ospitavano quindi
centinaia di persone in condizioni disperate e questa situazione
di emergenza era vissuta con disagio da chi abitava invece negli
appartamenti di via Claudia Augusta e desiderava il ritorno ad
un clima di normalità.
Le stesse ditte della zona industriale
si interessarono al problema della casa, cercando di costruire,
direttamente o mediante la costituzione di comitati di lavoratori,
abitazioni per i propri dipendenti. Sorsero così nel quartiere
le case delle Acciaierie, della Lancia e della Feltrinelli Masonite,
ditte che spesso si trovarono a lottare tra di loro per farsi
assegnare i terreni più appetibili al minor prezzo da parte del
Comune che ne era proprietario.
La situazione economica tende comunque
a migliorare e a normalizzarsi, come si nota dall'elenco delle
attività economiche nel 1952, dal quale notiamo come ad esempio
si sia drasticamente ridotto il numero degli autostraportatori
che si sono praticamente dimezzati.
Riaprono i ristoranti Vecchio Bersaglio
e Rovereto, che si aggiungono agli altri sei esistenti: Facchinelli,
Stella Alpina e quelli gestiti da Lino Berger, Orfeo Ferrigato,
Palmira Kortschack e Giovanna Moser. Le trattorie in attività
sono la Bresciana, Centro, alla Pergola e quella gestita da Camillo
Retto. I bar sono invece quelli gestiti da Valeria Bettini e Angela
Filippini, oltre al bar Principe, in via Claudia Augusta e quelli
gestiti da Aurelia Skalla e Itala Villani in zona industriale.
Si trova ad Oltrisarco uno dei tre distributori di carburante
della città: è quello situato all'imbocco della zona industriale.
Il numero dei negozi di generi alimentari è rimasto praticamente
invariato rispetto al 1948, mentre sono ora ben cinque le rivendite
di monopoli e giornali, gestite da Italo Buonamore, R.Bologna,
Livio Coser, Enrico Dal Ri e Turiddu Filidei.
Negli anni seguenti Oltrisarco è
ancora una volta teatro dell'intervento pubblico nell'edilizia
popolare; a partire dalle costruzioni delle case per i cosiddetti
"rioptanti", fino alla realizzazione del complesso edilizio
denominato quartiere CEP. Quest'ultimo intervento fu reso possibile
grazie allo stanziamento predisposto dal ministro dei Lavori Pubblici
Togni. Per le case popolari di Bolzano fu prevista una cifra di
due miliardi e mezzo, con i quali si prevedeva di costruire mille
alloggi per complessivi cinquemila vani a cui sarebbero stati
affiancati scuole, strade, servizi e chiese. Il piano CEP si proponeva
infatti di coordinare l'attività edilizia dei principali enti
costruttori di case popolari per realizzare quartieri interamente
autonomi.
Questo tipo di intervento, legato
all'inesistenza di precisi accordi circa la destinazione per gruppo
linguistico degli alloggi in costruzione, fece temere ad abitanti
e politici di lingua tedesca la continuazione da parte dello Stato
democratico della politica di italianizzazione del territorio
iniziata in periodo fascista. Fu questa una delle cause che provocarono
l'adunata organizzata dalla SVP a Castel Firmiano nel novembre
1957, per manifestare il proprio dissenso con la linea adottata
dal governo italiano per la questione sudtirolese.
Raggiunti gli accordi a livello politico
per le modalità di ripartizione tra i gruppi linguistici delle
nuove abitazioni popolari e partiti i lavori, i cantieri mutarono
l'aspetto della zona di Aslago scelta come destinazione del nuovo
quartiere facendo diventare, un luogo che fino ad allora era stato
meta di passeggiate nei boschi di castagni, un vero e proprio
agglomerato urbano.
Le realizzazioni nel campo dell'edilizia
pubblica unite a quelle private comportarono un incremento notevole
del patrimonio abitativo del quartiere: considerando i dati emersi
dai censimenti eseguiti in quegli anni, vediamo come nelle sezioni
comprendenti Oltrisarco, San Giacomo e la zona industriale, aumentò
il totale delle abitazioni esistenti passando dalle 1.516 nel
1951, alle 2.618 nel 1961, per arrivare a 4.049 nel 1971. Ciò
significò un incremento in percentuale pari al 167% in vent'anni.
Ancora maggiore risulta il numero di stanze esistenti che arrivò
nel 1971 al numero di 13.395, dalle 4.337 del 1951. Per avere
un quadro completo dello sviluppo del quartiere bisogna però considerare
anche il contemporaneo incremento demografico: assistiamo così
all'incremento del numero di famiglie residenti nella stessa zona
che passò dalle 2.010 del 1951, alle 2.826 del 1961 per arrivare
alle 3.991 famiglie del 1971, pari ad un aumento dell'84% in vent'anni.
La media dei componenti delle famiglie
di Oltrisarco scese nello stesso periodo, passando da 3,41 a 3,07,
ma rimase comunque più alta rispetto alla media della città. Alto
rimase anche l'indice di affollamento, cioè il numero di abitanti
per stanza, che, se nel 1951 era compreso tra una e due persone
per stanza in tutti i quartieri cittadini, nel 1971 era ancora
superiore all'unità solamente nel quartiere di Oltrisarco, compresi
la zona industriale e San Giacomo, e Don Bosco, mentre tutto il
resto della città risultava ormai sotto la persona per stanza.
Pare interessante sottolineare anche
le fasi di edificazione succedutesi negli anni considerando il
patrimonio edilizio esistente nel 1971, per la sola zona di Oltrisarco,
in base alle date di costruzione. Vediamo così come su 3.432 abitazioni
(100%) esistenti nel 1971, 299 sono precedenti al 1919 (8,7%),
453 sono del periodo tra il 1919 e il 1945 (13,2%), 1.072 del
periodo tra il 1946 al 1960 (31,2%), 1.583 del periodo tra il
1960 ed il 1971 (46,1%) e 25 sono di epoca ignota.
Nel frattempo Oltrisarco, seppure
sovente in ritardo rispetto ad altre zona della città, vede lo
sviluppo al suo interno di servizi ed infrastrutture di interesse
generale: telefoni pubblici, rivendite di giornali, cassette postali,
servizi sanitari, nuove farmacie, impianti di distribuzione di
carburante e sportelli bancari.
I censimenti ed i dati raccolti dal
Comune consentono di illustrare come dal 1960 in poi la popolazione
del quartiere sia aumentata progressivamente fino agli anni Ottanta,
anni a partire dai quali anche Oltrisarco vede lentamente diminuire
il numero dei suoi abitanti. Il censimento del 1961 rilevava ad
Oltrisarco (propriamente detto) una popolazione di 8.728 persone
a larghissima maggioranza italiana (85,37%), mentre nell'intera
città la popolazione era di 89.692 persone, di cui 68.752 di lingua
italiana (76,65%).
Dai censimenti del 1971 e del 1981
(fonte ISTAT, elaborazione ASTAT), si ricava la situazione relativa
alle sole sezioni di Oltrisarco per quanto riguarda il totale
della popolazione suddiviso per settore economico: un primo dato
emergente è la diminuzione della popolazione complessiva di Oltrisarco
che passa da 12.411 persone a 12.213, con un calo di 198 unità.
La popolazione non attiva diminuisce a sua volta di 948 unità,
passando da 7.951 a 7.003 persone, mentre la popolazione attiva
aumenta contemporaneamente di 750 unità (da 4.460 persone nel
1971 a 5.210 nel 1981). I settori economici che registrano un
aumento degli addetti sono quelli del commercio, con un incremento
di 377 unità, dei trasporti e delle comunicazioni, con un aumento
di 31 unità, il settore del credito e delle assicurazioni con
un incremento di 200 unità, il settore dei servizi e della pubblica
amministrazione che registra un incremento di 368 unità. Il settore
industriale risulta invece complessivamente in calo di 267 unità,
pur registrando al suo interno parziali incrementi. Leggermente
in aumento è anche il numero degli addetti al settore agricolo,
che sappiamo però non essere un'attività tipica del quartiere.
Nel frattempo la popolazione del
quartiere continua a diminuire, in parte perché si trasferisce
in altre zone della città ed in parte per il calo demografico
che a partire dal 1976 si verifica in tutta la città di Bolzano.
Giungiamo così ai nostri giorni per
esaminare, grazie alle informazioni raccolte con il censimento
del 1991, le ulteriori modifiche verificatesi nell'ultimo decennio
nell'occupazione dei residenti. Il dato più evidente è costituito
dalla forte diminuzione del totale generale della popolazione
abitante ad Oltrisarco, che in base ai dati forniti dall'ISTAT
ed elaborati dall'ASTAT, è passata dalle 12.213 unità censite
nel 1981 alle 8.570 unità nel 1991: una diminuzione poco inferiore
al 30% in dieci anni. Quasi dello stesso tenore è anche la variazione
in diminuzione della popolazione non attiva, che passa da 7.003
unità alle 5.013 del 1981. E' comunque molto interessante considerare
le variazioni in percentuale degli addetti ai diversi settori
economici: vediamo infatti come la diminuzione avvenuta nei settori
agricolo ed industriale, sia stata assorbita dall'aumento della
popolazione non attiva, che percentualmente è infatti aumentata
passando dal 57,3% al 58,5%, e dall'aumento degli addetti nel
settore dei servizi, che sono aumentati dal 27,3% al 29 %, confermando
quindi una tendenza comune a tutta la nazione.
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