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Found Footage
Kinorifiuti: riciclo, montaggio e sampling
Rassegna cinematografica sul found footage
giovedì 26 maggio 2005
Teatro Studio – Piazza Verdi – Bolzano
Ore 16.00
- Home stories, 1991, 6’, Matthias Müller
Uno studio brillantemente condensato del melodramma di Hollywood. Attrici dei film degli anni ’40 ripetono una serie di gesti convenzionali: aprono finestre, chiudono porte, mostrano facce impaurite. Montati ritmicamente, uno dopo l’altro, questi gesti producono un dramma degli stereotipi. - Une oeuvre, 1968, 15’, Maurice Lemaître
Intitolato L’immondizia del laboratorio, questo film, proiettato per la prima volta alla Cinémathèque Française, è l’omologo cinematografico delle “parole nel sacco” di Tristan Tzara. Realizzato con frammenti di film trovati tra i rifiuti di laboratorio, rimontati pezzo per pezzo nello stesso ordine di recupero. - Film Ist VII-XII, 2002, 93’, Gustav Deutsch
Il secondo di una serie di 12 capitoli, “tableau film”, che nel loro insieme formano un discorso sulla fenomenologia del mezzo cinematografico. Elaborato con la collaborazione di 5 archivi filmici internazionali, comprende materiale filmico documentario e di fiction dei primi anni ’30 del cinema. - La verifica incerta, 1965, 45’, Alberto Grifi& Gianfranco Baruchello
In questo film, dove le porte si aprono, si chiudono e si riaprono senza che nessuno appaia, si produce una rottura del sistema di aspettative che mette lo spettatore in crisi. Dedicato a Marcel Duchamp, qui nel ruolo di se stesso, rimane un caposaldo dell’avanguardia non solo cinematografica del XX secolo. - Decasia, 2002, 68’, Bill Morrison
Affascinato dai vecchi spezzoni filmici, Bill Morrison cattura il film nel punto della sua estinzione, dove le immagini registrate danno vita a schemi astratti di disintegrazione. Decasia è un vibrante tributo ai fantasmi del primo celluloide e un poema filmico che esplora i cicli della nascita, della vita e della morte.
Ore 20.00
- Metropolen des Leichtsinns, 2000, 12’, Thomas Draschan
Costruito con circa 500 diversi filmati in formato 16 mm, per lo più pedagogici, qualche serie televisiva, qualche fiction e un sacco di pubblicità, Metropolen des Leichtsinns inizia con un viaggio nel film stesso, seguito dall’atto sessuale, la nascita, il suicidio e quasi tutte le possibili attività umane. - Yes? Oui? Ja?, 2002, 4’, Thomas Draschan
Yes? Oui? Ja? è una sequenza accattivante di materiale in 16 mm. Il maestro del found footage Thomas Draschan ha costruito una mitragliatrice di frammenti provenienti da varie fonti. L’impressione che suscita nello spettatore è di stupore unito ad uno strano senso di felicità. - To the Happy Few, 2003, 4’, Thomas Draschan
Un inusuale found footage musicale sul simbolismo nascosto. Il film è strutturato intorno all’idea mistica del mandala, in questo caso una foto di (finti) soli, galassie e pianeti. Le immagini sono sincronizzate con una canzone indiana di Bollywood. Un ampio spettro di materiale filmico proveniente da varie fonti e decadi. - Encounter in Space, 2003, 8’, Thomas Draschan
È la storia di un uomo che deve affrontare avventure, lottare contro nemici e gli alter ego della sua personalità. Dopo la vana illusione di un intervento chirurgico che dovrebbe riportarlo al suo essere reale, prosegue la sua ricerca di avventure sessuali, che sembrano rappresentare l’unica alternativa. - Il nostro secolo, 1983, 90’, Artavadz Péléchian
Il nostro è il secolo delle conquiste, dei genocidi e delle vanità. Le immagini tornano a dirci, instancabilmente, l’assurdità di questa vocazione istintiva dell’uomo verso l’occupazione dei mondi. È una lunga meditazione sulla conquista dello spazio, il sogno di Icaro incapsulato dai Russi e dagli Americani.
venerdì 27 maggio 2005
Teatro Studio – Piazza Verdi – Bolzano
Ore 16.00
- Rose Hobart, 1936, 20’, Joseph Cornell
Il primo e più impressionante film di Cornell, è un ri-montaggio di East of Borneo, dramma della giungla girato nel 1931 dalla Universal Pictures, con Rose Hobart e Charles Bickford, senza mantenere nulla del contesto originale, con una mescolanza deliberata di piani discordanti, bruschi cambiamenti di luogo. - Un instante en la vida ajena, 2003, 80’, José Luis López Linares
Scoperto negli archivi della cineteca catalana di Barcellona, il materiale filmico proviene dal fondo della Sig.ra Maronita Andrei, intellettuale della borghesia catalana che, per 60 anni filmò con passione la propria vita agiata e quella dei familiari ed amici. Un’insolito e squisito esempio di memoria privata che ripercorre il secolo scorso in un’ora. - Fast Film, 2003, 14’, Virgil Widrich
La storia è semplice: una donna rapita e un uomo che tenta di salvarla. Ma le scene sono estratte da circa 300 diversi film di finzione e ricomposte in un gioco di animazione insieme a 65.000 fotocopie dei 300 fotogrammi. Un capolavoro tecnico di magia animata per raccontare la storia del cinema.
Ore 20.00
- Freeze Frame, 1983, 9’, Peter Tscherkassky
“Dietro il piacere della visione giace il piacere di comprendere, una scoperta indiretta che è capace di scoprire, all’interno della ridondanza dell’informazione visuale, la sua personale maniera di vedere. L’idea dell’immagine congelata presa sul serio.” (Peter Tscherkassky)
Manufraktur, 1985, 3’, Peter Tscherkassky
“Una rete di lana intricata, con frammenti di movimento estratti da pezzi di found footage e ricompilati: gli elementi grammaticali del “a sinistra, a destra, avanti e indietro”, propri dello spazio narrativo vengono liberati da ogni carica semantica.” (Peter Tscherkassky) - Shot Countershot, 1987, 1’, Peter Tscherkassky
“La “Grande Sintagmatica del Film” di Christian Metz interpreta i film di finzione come riducibili a segmenti autonomi, suddivisi in immagini autonome e sintagmi, descrittivi e narrativi, lineari (scene e sequenze). La tecnica istantanea-controistantanea è un tipico sintagma narrativo lineare.” (Peter Tscherkassky) - Parallel Space: Interview, 1992, 18’, Peter Tscherkassky
“Arrivai al concetto di film prodotto con una macchina fotografica, quando appresi che la misura di un negativo 35mm corrisponde esattamente alla misura di due fotogrammi cinematografici e l’unità spaziale e temporale dell’immagine fotografica viene disintegrata.” (Peter Tscherkassky) - Happy-End, 1996, 11’, Peter Tscherkassky
“Un film sulle occasioni festive. Una coppia serve drinks, taglia torte, prepare toasts. Alla fine il movimento della donna che danza si congela e dall’espressione del volto traspare quasi disperazione. In evidente contrasto con la sensuale certezza del momento in cui si beve il liquore all’uovo” (Bert Rebhandl) - The Cinemascope Trilogy, 2001, 24’, Peter Tscherkassky
Questa trilogia di cortometraggi – L’Arrivée, Outer Space, Dream Work – che ha raccolto gli elogi dei critici più esigenti, manipola il found footage per creare un’esplorazione visiva, spesso scioccante, del potere che il cinema ha per invadere i nostri sogni e il nostro inconscio. Surreale e incomodo.