Il numero degli stranieri negli ultimi 10 anni è triplicato, superando i 9.000 residenti in città. Le comunità di migranti hanno ri-costituito i nuclei famigliari, dato vita ad aggregazioni riconoscibili all’interno della geografia urbana: ne è l’esempio più evidente la comunità di pachistani insediatasi con le proprie attività commerciali sull’asse di via Marconi – via Garibaldi, ma si possono citare anche i ristoratori cinesi, i numerosi negozi dedicati alla alimentazione, alla comunicazione o alla spedizione di valuta degli stranieri, collocati nei quartieri centrali.
A questi gruppi si possono aggiungere etnie meno visibili ma non per questo meno presenti, come i migranti dall’est europeo o dall’Africa assunti nel settore alberghiero, nei servizi e nelle attività produttive, ma anche professionisti e studenti provenienti dai luoghi più disparati del pianeta, (nella sola Accademia Europea operano ricercatori provenienti da 24 diversi paesi).
La comunità degli stranieri va costituendo una nuova mescola etnica, che ha introdotto nella città tradizioni culturali ed etiche diverse, modificando sensibilmente composizioni famigliari e rapporti sociali sedimentati da tempi storici e apportato un contributo determinante allo sviluppo del sistema economico.
La mostra cerca di dare una fisionomia agli uomini e alle donne di questa comunità cosmopolita, attraverso la raccolta di immagini e testimonianze filtrate dall’obbiettivo fotografico e dalla telecamera.
In una antropologia urbana, caratterizzata dallo scollamento del tessuto sociale, da un individualismo crescente, da una perdita del senso di solidarietà, la presente proposta cerca di costruire con un contributo corale il coinvolgimento della parte più nuova, ma in molti casi ancora marginale, della comunità e di favorire la reciproca conoscenza, condizione indispensabile per una convivenza pacifica e proficua.